Rita
Bellini

 


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“E fu notte e fu mattino”

    poesie di Rita Bellini


1992
Ed. Centro Internazionale della Grafica di Venezia


    Introduzione

Esserci o sostare

Potevo essere me stessa - ma senza stupore / ciò vorrebbe dire / qualcuno di totalmente diverso.

Questi versi tratti dall’ultimo volume “Attimo” (ed. Scheiwiller) della poetessa polacca, premio Nobel, Wislawa Szymborska pare ben possano evidenziare una delle caratteristiche peculiari del lavoro poetico di Rita Bellini; in particolare nel libro “E fu notte e fu mattino” edito dal Centri Internazionale della Grafica di Venezia.

Lo stupore, infatti, è l’elemento la specificità attraverso la quale l’autrice indaga e “descrive il mondo e i suoi avvenimenti” siano questi direttamente legati a lei stessa, siano questi legati a quelle vicende /guerre, disastri ecologici, ingiustizie) di respiro globale verrebbe da dire anche se globale è vocabolo irto di pericolosi fraintendimenti.

Una delle cause di stupore, in ogni caso, è provocato dal diffuso senso di indifferenza (di accidia, parrebbe più corretto) che al pari di una nebbia .../È opaca, cala d’improvviso grigia / (usando un suo verso) inghiotte la speranza. E se l’indifferenza è deprecabile per le persone in genere, l’indifferenza diviene intollerabile per coloro i quali dovrebbero, in un autentico spirito cristiano, essere i difensori di idee e valori che appartengono al senso profondo del battesimo e delle fede.

Il percorso di Rita Bellini si snoda attraverso un arco temporale di circa quindici anni: salta agli occhi la sua assoluta coerenza tematico/compositiva; non concede spazio a fronzoli, ad esercizi stilistici con il gusto dello scrivere per lo scrivere. La sua è sempre scrittura di sostanza; forma e contenuto non trovano contrapposizione, sono indubbiamente espressione unica. Talvolta trapelano qua e là alcune rime sparse come si sparge il sale, spesso si trovano metafore; metafore ricche e dense d’un amore sconfinato per il mondo e la sua espressione naturale infangata dall’ignorante avidità (in ogni senso) degli esseri umani (ma non di tutti gli esseri umani); ecco che la “civiltà” si può contrapporre alla natura come nella poesia “Cortina 93” /Tra il gracchiare/ cupo del corvo/sulla cima del pino/....Contrastano smalti/avorio e ambra nelle vetrine/e il saettar di caschi/sulla striscia/polverosa livida d’asfalto.

La Nostra raggiunge, in diverse occasioni, punte di lirismo quali nella composizione “Andrò...” /Andrò, andrò/mi perderò tra lembi/e stelle cadenti/e fughe di cirri/...

In altri termini la scrittura di Rita Bellini riesce a “far poesia” anche quando i temi proposti (cioè sempre) sono impegnativi nel senso che hanno una valenza politica e sociale: il rischio di “far manifesto” è sempre forte per tutti coloro che tentano quel tipo di strada, ma Rita riesce a togliersi dalla corsia del comizio, della conferenza, della roboante dichiarazione contestativa, per accedere ai difficili tratturi della ricerca poetica.

C’è sempre un guizzo che rende argomenti e argomentazioni lievi e affascinanti come ad esempio nella poesia “Si è persa la coda” dove la condizione della donna odierna è così sussurrata.../Dentro l’arco, la donna/si è fatta pietra/nell’attesa.

D’altro canto “E fu notte e fu mattino” è un libro di poesie; un libro cioè che tenta di cogliere quelle “sintesi dei sentire” che permettono di differenziare la poesia dalla prosa o da un diario o da una conversazione. Rita Bellini possiede una sua poetica, un suo stile: è cioè riconoscibile.

La forza di comunicazione dell’Autrice a volte così forza da essere quasi parola messianica o, in alcuni casi, profetica, l’aiuta sicuramente a trovare idee e soluzioni strutturali, ma non è solo questo il “merito poetico” della Nostra; pur non essendo il lavoro di lima una sua prerogativa, una naturale propensione per quello che è essenziale riesce a colmare anche quei vuoti che a volte si formano durante un narrare poetico che, qualche volta, sfiora o deborda nel prosastico.

Ma se il suo narrare ha i rischi che abbiamo detto, è vero anche che il narrare di Rita centra in molti casi la “narrazione alta”: allora si ha l’impressione di vedere la gente che ascolta, si ha l’impressione di toccare l’attento silenzio intorno.

Forse è la più bella composizione del volumetto quella il cui titolo dona il titolo alla raccolta stessa, se non altro per equilibrio e compattezza tra le parti, unitamente ad un gioco (volontario o no) tra significati e significanti, nonché per interessanti riferimenti e rimandi culturali.

Concludendo, la raccolta “E fu notte e fu mattino” di Rita Bellini (alla sua seconda pubblicazione di versi) è un lavoro dignitosissimo che offre al lettore “qualcosa di solido”; un’occasione per confrontarsi all’interno d’atmosfere liriche/sociali/religiose illuminate da quel quid non esattamente definibile che è la “tensione poetica”.

E tra una metafora ed una associazione lirica il lettore non potrà non imbattersi nella silente domanda di fondo insita nell’etica belliniana: “Fino a che si è di questo mondo è sufficiente sostare nella vita, oppure viverci significa dare un segno della propria esistenza quindi, esserci?”

                                                                                                                                   Sandro Marini