Rita
Bellini

 


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“Nelle Stagioni colsi”

poesie di Rita Bellini
1992
Ed. Albert Gardin
Editoria Universitaria Ve

Recensioni e Critiche

Come “imbrogliare con parole ed immagini” la realtà? Chissà come, chissà dove, chissà quando?

In più modi, dove che sia, in qualunque tempo, possono rispondere psicologi, linguisti, filosofi, ma non i poeti, che lo fanno senza pensarci, o se lo chiedono dopo averlo fatto, cioè dopo aver gettato giù una metafora. Che sia metafora propria o impropria, che abbia più o meno rapporto lessicale col soggetto, poco importa. L’importante è esprimersi (sia pure velatamente, cripticamente), “esternarsi”, come si direbbe più frequentemente di qualche mese fa; ed è un modo come un altro per realizzarsi.

Se lo chiede una poetessa ch’è anche pittrice e cantante: Rita Bellini, in Nelle stagioni colsi (Editoria Universitaria di Venezia). Essa usa la metafora in espressioni composte di vari elementi, p.e., la neve caduta, “riposa a creste”, le onde sono “creste del mare”, il sole, “è germogliato”, il silenzio “è vibrante”, uno scintillio luminoso, è “immagine di scoppio d’ordigno”; oppure presenta fatti e cose con termini costruiti anacoluticamente, come la terzina “Mani segnate / intrecci di linee / fili spessi, racconti muti”, “Crepitii d’armi, bagliori, / polvere spaventi”. L’insieme del pensiero, tuttavia, può essere percepito anche nella sua drammaticità, nei tre temi nei quali si articola la raccolta: Solitudini, Percezioni di infinito, Violenze: un paesaggio psichico conturbato di “indefinibili, impalpabili sensazioni”.

Francesco Semi

Il Gazzettino di Venezia (15 giugno 1992)





 



“Nelle Stagioni colsi”
poesie di Rita Bellini
1992
Ed. Albert Gardin
Editoria Universitaria Ve

Recensioni e Critiche

Come “imbrogliare con parole ed immagini” la realtà? Chissà come, chissà dove, chissà quando?

In più modi, dove che sia, in qualunque tempo, possono rispondere psicologi, linguisti, filosofi, ma non i poeti, che lo fanno senza pensarci, o se lo chiedono dopo averlo fatto, cioè dopo aver gettato giù una metafora. Che sia metafora propria o impropria, che abbia più o meno rapporto lessicale col soggetto, poco importa. L’importante è esprimersi (sia pure velatamente, cripticamente), “esternarsi”, come si direbbe più frequentemente di qualche mese fa; ed è un modo come un altro per realizzarsi.

Se lo chiede una poetessa ch’è anche pittrice e cantante: Rita Bellini, in Nelle stagioni colsi (Editoria Universitaria di Venezia). Essa usa la metafora in espressioni composte di vari elementi, p.e., la neve caduta, “riposa a creste”, le onde sono “creste del mare”, il sole, “è germogliato”, il silenzio “è vibrante”, uno scintillio luminoso, è “immagine di scoppio d’ordigno”; oppure presenta fatti e cose con termini costruiti anacoluticamente, come la terzina “Mani segnate / intrecci di linee / fili spessi, racconti muti”, “Crepitii d’armi, bagliori, / polvere spaventi”. L’insieme del pensiero, tuttavia, può essere percepito anche nella sua drammaticità, nei tre temi nei quali si articola la raccolta: Solitudini, Percezioni di infinito, Violenze: un paesaggio psichico conturbato di “indefinibili, impalpabili sensazioni”.

Francesco Semi

Il Gazzettino di Venezia (15 giugno 1992)